Il braccio di ferro fra Germania e Grecia, sugli accordi di restituzione del prestito, sembra non avere fine. La situazione si fa incandescente e Berlino si spacca in due, tra i “nein” e chi invece è favorevole ai negoziati. La Grecia ha presentato una lettera all’eurogruppo in cui chiede l’estensione del prestito, che scadrà il 28 di questo mese, nell’ordine di sei mesi; tempo in cui la Grecia sarà pronta a collaborare con le “istituzioni” (leggi Troika) per ridiscutere le modalità di rientro. Il governo greco, infatti, considera invalidati molti dei patti che la Troika ha siglato con il vecchio esecutivo di Antonis Samaras, ma questa lettera inviata a Bruxelles dimostra la buona volontà greca di voler trovare un accordo che permetta l’estinzione del prestito e che non metta ancora più in crisi la già instabile economia ellenica. Con questa lettera Tsipras si allontana dalle posizioni che aveva mantenuto, fin qui, con fiera fermezza, ovvero una completa ridiscussione dei patti sulla base della crescita dal Pil greco, condizione considerata di sin equa non, senza la quale Atene non avrebbe mai restituito il prestito.
Un brivido gelido avrà attraversato la schiena di Yanis Varoufakis, ministro delle finanze greche, quando Wolfgang Schaeuble ha rifiutato le proposte di Atene senza riserve, dopo soli venti minuti dalla pubblicazione della lettera in questione. Questo “nein” affrettato pronunciato da Schaeuble ha spaccato l’opinione politica tedesca, la sinistra, infatti, ha fatto un piccolo passo e si è distanziata da queste affermazioni, dicendo che la valutazione di Schaeuble è stata troppo repentina. Ma quello che più stupisce è che l’azione greca non sembra avere un grande riscontro nelle altre nazioni dell’eurozona, anzi, i paesi che hanno meno preoccupazioni sul tema, come la Gran Bretagna e la Finlandia, aprono alla possibilità di nuovi negoziati, altri, come il Portogallo, appoggiano i tedeschi, sostenendo una restituzione del debito senza proroghe. Una presa di posizione che potremmo definire paradossale, il Portogallo, che non naviga in acque tranquille, e con la collaborazione dei paesi contrari a nuove negoziazioni, potrebbe aprire un precedente pericoloso. Non dare più tempo alla Grecia potrebbe portare ad una prassi che andrà a ripetersi nel futuro, così chi avrà bisogno di un prestito di “salvataggio”, e si troverà in condizioni simili a quella greche, sarà costretto a ripercorrere la stessa strada, senza “uscite d’emergenza”.
Ciò che lascia di stucco è che la Troika ha perpetuato politiche economiche già fallite e, in particolare, il Fondo Monetario Internazionale ha commesso gli stessi “errori”, se così li vogliamo chiamare, che hanno portato all’aumento dei debiti dei paesi africani, quando FMI e Banca Mondiale erano i primi concessori di prestiti a queste nazioni in difficoltà. In quei casi si è visto, in maniera lampante, che prestare danaro dettando le riforme da intraprendere, quindi sostanzialmente obbligando lo stato debitore a spendere il danaro prestato come il creditore impone, è una politica economica fallimentare, che non fa crescere l’economia del paese in questione ma, anzi, le causa maggiori difficoltà. Gli obblighi firmati dal governo di Samaras hanno portato ad un vertiginoso aumento della disoccupazione, economia stagnante, borsa frequentemente in perdita e uno spread che non accenna a calare sotto i 900 punti base. L’incongruenza di queste politiche è sconcertante, sembrano volte ad affossare ancor di più la disastrosa situazione ellenica, invece che offrire un valido contributo alla ripresa economica di questo paese.
In tutto ciò l’Italia si limita a fare da “cerniera”, come lo stesso premier Renzi ha affermato, tra Grecia ed eurogruppo, cercando di non peggiorare le cose nel tentativo di concedere “un minimo di flessibilità a fronte delle riforme” che il governo di Atene deve intraprendere, impedendo, allo stesso tempo, che il governo greco “faccia il furbo lasciando da pagare” i propri debiti agli altri Paesi. Quella del governo italiano è una posizione poco chiara: dopo che più volte si è lamentato dei limiti imposti dall’Europa, dopo che Renzi ha incontrato Tsipras a Roma promettendogli appoggio e quando si arriva al dunque, quando le posizioni devono essere chiare e si deve mantenere il punto, il ruolo che il governo si assume è quello di “cerniera”.
La situazione è incandescente, il futuro greco appeso ad un filo e nel dibattito degli ultimi giorni si inseriscono anche gli Stati Uniti, preoccupati dalla situazione geopolitica generale, dove un mancato accordo tra eurogruppo e Grecia potrebbe sollevare solo nuovi problemi, con la Russia che avanza in Ucraina e che non si lascerebbe scappare una nuova crisi greca. Il ministro delle finanze greco Varoufakis chiede una rapida risposta, un si o un no, quantomeno per chiarire il futuro della Grecia.
Stefano Gattordo