24 dicembre 1871, Il Cairo, teatro Khediviale, va in scena per la prima volta un’opera che diventerà tra le più celebri al mondo, “L’Aida” di Giuseppe Verdi. Un opera maestosa, la cui “aria” principale diverrà il simbolo dell’Italia unita e di un intero periodo storico fatto di rivoluzioni e guerre, in cui il popolo prende voce e agisce in prima persona andando a modificare, per sempre, il corso della storia.
Sull’onda lunga di questo incredibile successo ritorniamo in Italia, a Napoli, una città che si ritrova, da dieci anni ormai, in un contesto completamente nuovo, inimmaginabile ed inimmaginato solo qualche decennio prima. Così ,nel 1873, il maestro e cavaliere Luigi Matteo Fischetti compose le musiche de “L’Aida di Scafati”, una commedia musicale di stampo parodistico, su libretto di Enrico Campanelli, che rappresenta lo stato di disagio e povertà in cui versava il sud Italia in quell’epoca. Una critica all’unificazione italiana raccontata alla napoletana. L’ironia e la satira sono padroni della scena, mezzi, tanto cari a Napoli, usati per esorcizzare e dimenticare, anche se solo per qualche ora, con una fragorosa risata tutti i problemi derivanti da quest’ultimo decennio.
Questa parodia musicale è stata riscoperta negli archivi del conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli dal Direttore M° Elsa Evangelista e riportata in scena il 9 e 10 ottobre 2014, al teatrino di corte del palazzo reale napoletano, grazie ad un ambizioso progetto a cura dell’A.DI.S.U. L’Orientale di Napoli, guidata dal dott. Umberto Accettullo, che ha portato sul palco circa novanta studenti del Conservatorio e dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Spettacolo che ha riscosso successo grazie all’alta professionalità di attori e musicisti, scenografi e costumisti; un lungo lavoro fatto di sacrifici di cui i ragazzi, i docenti e gli organizzatori vanno fieri e ne raccoglieranno i frutti.
Abbiamo avuto modo di parlarne con il Presidente Commissione Referente A.DI.S.U. L’Orientale di Napoli Giovanni Girosi, promotore dell’evento, in quanto ha presentato il progetto in prima persona, che ci ha concesso un’intervista.
Come nasce quest’iniziativa?
“L’iniziativa nasce da un progetto iniziato già negli anni ottanta, grazie all’ex professore dell’Accademia delle Belle Arti Franco Mancini, che iniziò una collaborazione tra l’Accademia ed il Conservatorio di Napoli per la realizzazione di spettacoli con gli studenti. Successivamente in prima persona ho voluto dar seguito a tali iniziative per portare avanti il discorso. Sono riuscito a realizzare spettacoli con il Conservatorio di Avellino e Salerno, in cui abbiamo avuto la collaborazione di Roberto De Simone e Lina Wertmuller, che hanno partecipato gratuitamente. L’incontro con il M° Elsa Evangelista,in occasione della mostra“Verdi e Napoli”, ha dato avvio ad una intensa e proficua collaborazione per il progetto “Verso un politecnico dello spettacolo”, di cui la messinscena dell’Aida di Scafati costituisce la prima significativa produzione.
Quanto è stato speso per la realizzazione di quest’evento?
“La spesa complessiva è stata di circa 20.000€, in quanto gli allievi sono venuti tutti a titolo gratuito. Tutto ciò è possibile nel momento in cui gli studenti si accorgono che queste iniziative sono create per loro, per aprirgli maggiori possibilità e prospettive. Sono esperienze a cui io ho partecipato da studente, grazie alle quali sono riuscito ad ottenere la cattedra all’Accademia delle Belle Arti di Napoli a 26 anni. In effetti questa rappresentazione equivale ad una tesi, per non dire che è anche più importante. Anche perché i ragazzi hanno lavorato in maniera autonoma, quindi potendo mettere in pratica ciò che hanno imparato nel percorso di studi.”
Quindi qual è l’obiettivo di tale iniziativa?
“Stiamo cercando di creare un politecnico dello spettacolo, in cui le istituzioni, come l’Accademia, il Conservatorio, l’Università L’Orientale e l’ADISU collaborino costantemente; magari pensare di creare una “specialistica” congiunta, per i laureati, dove si possano mettere alla prova, come in questo caso, con meno indicazioni, ovvero dandogli anche la possibilità di scegliere un testo; un’autonomia che testi la professionalità.”
Il progetto prevedeva altro?
“Beh, l’idea iniziale era di collegare l’iniziativa anche al settore turistico; fare la prima a Napoli, a luglio, per poi proseguire con una piccola tournée nei principali siti turistici campani come Capri, Ischia, Sorrento, Amalfi e le località cilentane; scegliere 8/9 siti dove rappresentare l’operetta, anche in lingue differenti, la cui cura sarebbe stata affidata agli studenti dell’ Università l’Orientale. Per la realizzazione di questi spettacoli abbiamo interpellato l’assessorato al turismo della Regione Campania che si era mostrato molto interessato, tuttavia i termini per la programmazione erano scaduti, quindi confidiamo nella prossima annualità. Vogliamo presentare al pubblico uno spettacolo che vada al di fuori del cliché delle rappresentazioni napoletane.”
I ragazzi che completano il corso di studi, all’accademia come al conservatorio, sono pronti per entrare nel mondo del lavoro?
“Alcuni sono prontissimi, altri pronti; ma la preparazione che viene fatta in questi istituti è diretta all’immediato inserimento nel mondo del lavoro, meglio ancora se possono partecipare a questi eventi che danno prestigio, competenze e fanno curriculum. Un obiettivo maggiormente realizzabile con una collaborazione costante fra queste istituzioni. Inoltre si cerca di dare una preparazione internazionale, tant’è vero che alcuni ragazzi riescono anche a trovare un impiego all’estero.”
Come vede il futuro della cultura a Napoli?
“Questa è una domanda da trenta miliardi di euro. Napoli è una città che non ha mai premiato i propri figli, il detto “nemo propheta in patria” si addice a questa realtà. Il futuro può essere roseo o nerissimo, ma oggi non si può più parlare solo di Napoli poiché siamo talmente globalizzati che questi discorsi sono, ormai, privi di senso. La verità è che Napoli ha un potenziale e un’eredità non sfruttati; si pensa ancora alle fabbriche, alla produzione, quando la prima risorsa di questa città e dell’Italia intera è il turismo, che è il vero futuro. Ci vorrebbe una giusta considerazione per entrambi i settori.
Quello che manca, che io non vedo, è l’orgoglio di appartenenza; noi napoletani forse non l’abbiamo mai avuto, l’orgoglio di appartenere all’accademia, al conservatorio o ad un’azienda, un sentimento che manca, quello di essere italiani, e che è un punto di partenza per altre nazioni.”
Questo progetto continuerà o si fermerà a questa rappresentazione?
“Io, a 72 anni, mi sono stancato; le complicazioni sono enormi e ci vuole molta forza di volontà. Sto tentando personalmente di effettuare un ultimo “blitz” di cui non parlo perché non so se si realizzerà. Ma organizzare un politecnico dello spettacolo sarebbe importantissimo, per gli studenti ed anche per gli investitori, per far continuare a vivere le nostre eccellenze dandogli nuove possibilità.”
Ringraziamo Giovanni Girosi per il tempo che ci ha dedicato e per gli spunti fornitici su cui ragionare. In ogni caso gli allievi, in questa occasione, hanno offerto uno spettacolo di alto livello, degno di professionisti; ragazzi a cui vai il ringraziamento di tutti per l’impegno profuso in questa realizzazione.
Come possiamo vedere le iniziative per sostenere la cultura non mancano ed andrebbero, anzi, ampliate anche con l’aiuto delle istituzioni, poiché questi ragazzi e questo settore sono una risorsa reale per la città e per l’intera nazione.
Stefano Gattordo