E’ arrivato il momento di salutare le quote latte, mai più multe e limiti, adesso si apre alla concorrenza, i produttori italiani dovranno lottare sul mercato libero con i concorrenti europei. La decisione dell’Unione europea pone fine al sistema delle quote latte, contestatissimo in Italia, ma non sembra smorzare il dibattito sul tema. Nonostante, praticamente, tutti gli allevatori italiani fossero contro le quote latte, la loro abolizione non li ha resi proprio entusiasti, i motivi alla base sono legittimi e giustificano queste perplessità. Le quote latte sono state inserite dalla Comunità Economica Europea nel 1984, per contrastare la caduta dei prezzi del latte in tutta Europa, così da porre un tetto alla produzione del latte per ogni stato europeo, da decidere in riferimento alle stime di produzione, all’epoca, attuali. Purtroppo le stime erano ampiamente imprecise, così la quota decisa per l’Italia fu di gran lunga inferiore, rispetto allo stato reale della produzione, nonostante sia stata più volte modificata non si è mai arrivati ad un tetto di produzione sufficiente. Un altro problema è costituito dalle multe; ogni produttore che avrebbe sforato il tetto massimo della quantità di latte producibile sarebbe andato incontro a pesanti sanzioni. Queste sanzioni, ad oggi, ammontano ad un totale complessivo di 4,4 miliardi di euro, accumulate da quando le quote latte sono state approvate. I produttori non hanno mai pagato tali multe, e ben 2,1 miliardi di euro sono, ormai, non più esigibili dall’Unione europea, nonostante lo stato italiano provò a ripagare la restante quota del debito contratto dai produttori, ma questo pagamento non venne accettato dall’Unione poiché sono gli allevatori che devono provvedere al pagamento di tali more, sennò si innescherebbe un meccanismo di concorrenza sleale. Oggi tutte le multe pregresse sono a carico dei produttori, e dovranno essere pagate, anche con una rateizzazione di massimo tre anni, ma il governo è deciso nel recupero di tali crediti, preparando ben 1405 cartelle esattoriali. Infine, l’ultimo problema è rappresentato dai costi di produzione, troppo alti rispetto al prezzo di mercato del latte per litro, talmente gonfiato da non permettere ai fattori di coprire tutte le spese. Il Ministro Martina si dice “fiducioso” nei confronti dell’abolizione delle quote latte, soprattutto considerando che “il 43% del fabbisogno italiano di latte non è soddisfatto dai produttori locali”, quindi c’è un ampio margine di espansione per il mercato, anche se c’è da aggiungere che l’accesso ai prestiti ed ai finanziamenti, necessari per gli investimenti nel settore, è stato ridotto in maniera incisiva. Il settore caseario italiano è in crisi, da anni, e i governi, stando a quanto dicono gli operatori del settore, non sono stati mai in grado di rendersi promotori del rilancio di questo importante indotto, conducendo solo sterili battaglie politiche e campagne elettorali sul tema. La speranza è che questo nuovo cambiamento che porta al mercato libero, dovuto all’abolizione delle quote latte, non sia deleterio per la già fragile economia casearia italiana, che dovrà vedersela con i prezzi più bassi dei prodotti esteri.
Stefano Gattordo