M.F., il 43enne di Trescore Balneario (Bergamo) accusato di avere torturato e ucciso numerosi gatti, è stato condannato in primo grado a tre anni e sei mesi di reclusione per il reato continuato, con la recidiva, di maltrattamento e uccisione di animali. Il giudice ha inoltre disposto che, a pena espiata, sia applicata al condannato una misura di sicurezza che prevede due anni di libertà vigilata. Il PM invece aveva chiesto un anno e quattro mesi di reclusione. Lo rende noto l’Ente Nazionale Protezione Animali che nel procedimento giudiziario era parte civile.
Secondo l’associazione, in attesa che vengano pubblicate le motivazioni della sentenza, si tratta comunque di un pronunciamento di portata storica non soltanto per l’entità della pena inflitta al 43enne ma per la libertà vigilata. «Nel corso del procedimento – dichiara Claudia Ricci, avvocato dell’Enpa – abbiamo messo in risalto con la dovuta evidenza, anche grazie alla documentazione prodotta insieme all’associazione Link Italia, l’estrema pericolosità sociale dell’imputato. Attendiamo che siano rese note le motivazioni per sapere se il giudice ha accolto la nostra tesi. Certo è, comunque, che si tratta di una delle condanne più severe mai inflitte nel nostro Paese per il reato di maltrattamento e uccisione di animali».
«Da Bergamo oggi viene lanciato un segnale importantissimo – aggiunge la presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi – e sono convinta che questa sentenza ha tutte le che carte in regola per fare giurisprudenza. Dall’entità della pena inflitta al “killer dei gatti” mi sembra vi sia finalmente una piena valutazione della reale portata e gravità dei delitti da lui commessi. Mi auguro che si inneschi un “effetto domino” che coinvolga tutti gli altri procedimenti giudiziari che abbiano ad oggetto reati in danno agli animali, a partire dal caso del cane Angelo».
Soddisfazione esprime anche l’Enpa di Bergamo, che, con il commissario straordinario Mirella Bridda, ha seguito passo dopo passo l’intera vicenda, anche prima che l’imputato venisse rinviato a giudizio. «La severità della condanna – conclude Bridda – è un fatto estremamente positivo, ma questo non può cancellare il dolore e l’amarezza che noi tutti proviamo a causa delle terribili sevizie inflitte agli animali. Penso che sia finalmente giunto il momento di prevedere un inasprimento delle pene per i reati in danno agli animali».
Naturalmente, in caso di appello, l’Enpa sarà presente anche in questa sede.