In Italia nel 2018 più di 4,2 milioni di persone hanno detto no al consumo di carne. Si tratta di un dato che, come dimostrano le rilevazioni Eurispes, tende a dimostrare una certa stabilità e che comunque negli ultimi tre anni non è mai sceso al di sotto di quota quattro milioni. Prefigurare un boom del consumo di carne (“carne alla riscossa”), come lascia supporre la nota diffusa oggi da Coldiretti, che peraltro non cita i vegetariani, rivela nervosismo e voglia di propaganda. Motivati secondo Enpa proprio dalla presente crisi che l’industria della carne ha vissuto negli ultimi anni. Crisi cui ha fatto da contraltare un boom – questo sì una vera riscossa – dei punti vendita “veg”, anche nelle catene della grande distribuzione dove sono sempre più numerosi gli spazi dedicati.
Quel che le statistiche Coldiretti non dicono, o meglio non vogliono ricordare, è la cancerogenità delle carni rosse e della carni lavorate, e che quei 79 chili consumati pro-capite ogni anno in Italia (216 grammi a testa, vegani e vegetariani compresi), ancorché inferiori alle media di altri Paesi, sono comunque al di là dei limite di guardia dell’OMS. Scrive al riguardo l’Iarc (Agenzia Onu per le ricerche sul cancro): “per ogni porzione di 50 grammi di carne lavorata consumati al giorno il rischio di cancro del colon-retto aumenta del 18%”. Attenzione, dunque, perché l’apologia della carne potrebbe avere ricadute negative sulla salute di tutti.
Ma c’è un altro dato che i dati Coldiretti e iniziative quali il “Bistecca Day” tacciono. Quello di centinaia di milioni di esseri viventi (solo in Italia), tra polli, bovini, suini, agnelli che, condannati a morte dalla nascita, vivono una vita da reclusi nelle cosiddette fabbriche animali. Moltissimi di loro, vittime di soprusi nella mente e nel fisico, non vedrà mai la luce del sole se non quando andranno al macello.
Ma di tutto questo, ovviamente, nel bistecca day non c’è traccia. Non sia mai che i consumatori fossero scoraggiati.