Una vicinanza reale e ideale per affermare con forza, tutti insieme, che “salvare vite non è reato”. È il messaggio che arriva dalla Goletta Verde di Legambiente che oggi è sbarcata in Sicilia e a Pozzallo ha incontrato gli equipaggi delle navi Mediterranea, Sea Watch e Aquarius.
La storica imbarcazione di Legambiente anche quest’anno dall’inizio del suo viaggio in Friuli-Venezia Giulia sta navigando nei mari italiani con lo striscione “Porti aperti alla solidarietà” per affermare il ruolo centrale del nostro paese nel Mediterraneo nelle politiche di solidarietà, accoglienzae integrazione.
Proprio a quest’ultimo tema è dedicata la giornata di oggi a Pozzallo: dopo l’incontro in porto con l’equipaggio della ong italiana Mediterranea, che vede ancora sequestrate entrambe le sue imbarcazioni, alle ore 18 Piazza Municipio ospiterà un incontro pubblico dal titolo “Salvare vite non è reato. Per un Mediterraneo di pace e solidarietà”, che vedrà la partecipazione di Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo, Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia, Peppe Cannella, del progetto “ON.TO” per migranti vittime di torture, Luca Casarini, capo missione di Mediterranea, Viviana Di Bartolo,soccorritore di SOS Mediterranée, Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, Claudia Lodesani, Presidente di Medici Senza Frontiere Italia. Faranno da cornice le foto dell’artista Aboubakari Traorèe la performance musicale di Strazzulla.
L’incontro vuole essere un momento di dialogo tra istituzioni, organizzazioni e cittadini, in un confronto su persone e numeri reali, oltre le polemiche e le strumentalizzazioni che hanno visto loro malgrado protagoniste le ONG negli ultimi mesi. Un incontro che arriva nel pieno della discussione parlamentare del Decreto sicurezza bis che criminalizza le Ong attive in mare, prevedendo addirittura la confisca delle navi e multe fino a 50mila euro.
«Torniamo dopo un anno a Pozzallo per esprimere ancora una volta tutta la nostra gratitudine a chi continua a salvare vite in mare, nonostante la caccia alle streghe, mediatica e normativa, messa in campo dal Governo italiano – dichiara Stefano Ciafani, presidente di Legambiente -. Siamo qui per essere a fianco di chi lavora generosamente in condizioni precarie in mare aperto, alla ricerca di un porto dove sbarcare persone disperate, che fuggono dai loro paesi diventati invivibili spesso a causa dei cambiamenti climatici o dei conflitti causati dai paesi occidentali. Non chiediamo un atto di fede nei nostri confronti: lo raccontano bene tutte le indagini aperte dalle procure, finite puntualmente nel nulla. Siamo convinti che sia fondamentale risvegliare le coscienze degli italiani, sempre più in balia di fake news. E poi perché crediamo fermamente che chi salva anche solo una vita, in mare come sulla terraferma, ha ragione. Sempre e comunque».
«Siamo una terra di accoglienza e dobbiamo restare tale – aggiunge Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia -. La storia della Sicilia è segnata, impregnata, animata dalla volontà di ospitare e farsi contaminare da popoli e culture diverse da noi. Quando ascoltiamo le parole che alimentano la paura dell’uomo nero, le tante falsità, gli slogan propagandistici, su coloro che, rischiando più volte la vita, scappando da guerre e violenze, fuggendo da carestie, fame e sete, visto che la razza umana è riuscita a stravolgere il clima dell’unico pianeta che abbiamo. Nel momento in cui queste persone arrivano da noi pensiamo realmente chi siamo e cosa siamo stati realmente. Restiamo umani».
L’incontro di Pozzallo è anche l’occasione per rilanciare la campagna nazionale Io accolgo, che nasce su iniziativa di un ampio fronte di organizzazioni della società civile, enti e sindacati, con il fine di dare una risposta forte e unitaria alle politiche sempre più restrittive adottate dal Governo e dal Parlamento nei confronti dei richiedenti asilo e dei migranti (la “chiusura dei porti”, il “decreto Sicurezza”, ecc.). Queste misure violano i principi affermati dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali. Grazie agli accordi con il Governo di Tripoli, infatti, la maggior parte delle persone che cercano di fuggire dalla Libia vengono intercettate in mare e riportate nei centri di detenzione libici. In tali centri, uomini, donne e bambini vengono detenuti in condizioni disumane e sottoposti a torture, stupri e violenze sistematiche, come riconosciuto dall’Unione Europea, dall’ONU e dalla stessa magistratura italiana.