L’operazione “Happy Dog” condotta nei giorni scorsi in Calabria non soltanto ha portato alla luce un presunto intreccio tra malavita organizzata, “volontari animalisti”, gestori di canili e sanità pubblica veterinaria, ma ha anche chiamato in causa il ruolo che la stampa e la televisione giocano in un settore così delicato come quello del soccorso, della cura e dell’assistenza aglianimali in difficoltà.
«Non sta a noi pronunciarci sul ruolo avuto da Striscia la Notizia in questa triste vicenda. Quello che sicuramente possiamo e dobbiamo fare – spiega Enpa – anche per averlo vissuto sulla nostra pelle, è invitare tutto il sistema dell’informazione a non cedere alle lusinghe di facili scoop». I quali, oltre ad andare fuori bersaglio – presto o tardi – possono avere conseguenze terribili per la vita degli animali.
Le associazioni animaliste infatti riescono a soccorrere, assistere e molto spesso salvare vite proprio grazie al sostegno dei cittadini con il 5×1000, le donazioni, il tesseramento, i lasciti testamentari. Colpirne la credibilità per inseguire voci e dicerie che spesso hanno secondi fini – fini non troppo limpidi, per usare un eufemismo – significa causare un danno incalcolabile. Non alle associazioni, ma a chi dall’intervento delle associazioni trae beneficio. Le vere vittime del malaffare sui canili sono soprattutto gli animali, i primi a rimetterci. In Calabria – sempre che il quadro probatorio venga confermato in giudizio – e in tutte quelle realtà dove si lucra e si specula sulle pelle degli esseri senzienti non umani.
«In questi casi quando arrivano le rettifiche, sempre ammesso che arrivino, è troppo tardi: il danno ormai è fatto e ci vogliono anni prima di porvi rimedio. Insomma – prosegue Enpa – i veri amici degli animalinon sono quelli che hanno la “denuncia facile”, ma sono le persone che prima di lanciare campagne stampa ponderano e valutano al di là di ogni ragionevole dubbio le fonti in loro possesso».