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Gli animali dicono NO ai provvedimenti del Governo Renzi. 1000 giorni tra indifferenza ed “errori”. Enpa: ecco il bollettino della cattiva politica

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Dal massacro delle nutrie alla “cancellazione” dei controlli sul territorio, con la soppressione della Polizia Provinciale e l’assorbimento del Corpo Forestale nell’arma dei Carabinieri, passando per la mancata impugnazione di leggi regionali palesemente illegittime, in tema di politiche animali mai nessun Governo ha fatto peggio dell’Esecutivo Renzi allo scoccare dei primi mille giorni di attività. Lo denuncia l’Ente Nazionale Protezione Animali che sottolinea come anche quando il Governo non abbia varato misure palesemente dannose nei loro confronti, si sia comunque distinto per una evidente propensione a non affrontare i problemi, lasciando insoluti tutti i nodi critici in materia di fauna e ambiente. E l’elenco di tali criticità, purtroppo, è lungo. Ecco un decalogo della cattiva politica:

Il “dono referendario”, sulla pelle dei selvatici. Una settimana fa, a pochi giorni dal referendum, il Consiglio dei Ministri ha varato un provvedimento che, in violazione del dettato costituzionale, regala alle Province Autonome di Trento e Bolzano la libertà di sparare alle specie protette, dalle marmotte all’orso.

Il silenzio istituzionale del Ministro dell’Ambiente. A fronte di una manifesta disponibilità nei confronti di cacciatori, allevatori e agricoltori, con cui discute dei danni “da selvatici”, il ministro Galletti non ha mai risposto né alle richieste di incontro delle associazioni animaliste né ai numerosi documenti che le associazioni gli hanno inviato in tema di tutela della biodiversità.

I tagli del Ministro della Salute alla prevenzione del randagismo. La situazione dei randagi è di estrema gravità, e non solo nelle regioni del Sud (vedi il Lazio), eppure il Ministro Lorenzin ha tagliato tutti i fondi della legge (la 281/91) che dovrebbe combattere e prevenire tale fenomeno. Inoltre è stata congelata la task force ministeriale che sequestrava canili lager.

Cinghiali. Sfumato, anche grazie ad Enpa, il progetto di caccia no limits (tutto l’anno a qualsiasi ora del giorno e della notte), l’esecutivo nulla ha fatto per vietare sia i ripopolamenti nelle aziende faunistico venatorie, sia l’allevamento e la vendita – spesso illegale – dei cinghiali stessi. E si è continuato ad ignorare il ricorso ai metodi ecologici di contenimento delle popolazioni, obbligatori e prioritari per legge (157/1992) privilegiando invece le fucilate. Una politica che in 20 anni si è dimostrata del tutto inutile a prevenire situazioni di eventuale sovrannumero.

Mancata impugnazione di leggi regionali. Si tratta di atti normativi emanati dalle Regioni in contrasto con le leggi nazionali. Così è stato per la legge Remaschi (Toscana) che consente di cacciare i cinghiali tutto l’anno utilizzando mezzi e metodi vietati in violazione della legge quadro 157/92. E per la legge della Liguria che sanziona “disturbo venatorio”: in teoria, chiunque passeggi in un bosco e “disturbi” un cacciatore può essere multato. Ma anche per la mancata impugnazione della legge del Veneto che consente, a chiunque abbia un’arma, di sparare alle nutrie.

Caccia. Poco o nulla ha fatto il Governo, con il Ministro dell’Ambiente, per bloccare la fase propedeutica (PILOT 6955/14/ENVI) all’avvio di una nuova procedura d’infrazione europea in materia di caccia e di calendari venatori. L’unico intervento del ministro Galletti, la chiusura al 20 gennaio degli spari ai turdidi, è stato così marginale da consentire ad alcune Regioni di ignorarlo o di impugnarlo ai TAR. Sempre in materia venatoria, poco o nulla ha fatto l’esecutivo per richiamare all’ordine le Regioni che, specie quelle governate dal PD, nel 2016/2017 hanno emanato i peggiori calendari venatori degli ultimi anni.

Introduzione della categoria di “orso dannoso.” Fortemente voluta dal Ministero dell’Ambiente, presumibilmente come atto propedeutico per autorizzare le uccisioni.

Caccia ai lupi. Il ministro Galletti sarebbe ben disponibile a farne ammazzare una sessantina per accondiscendere alle richieste degli allevatori, ma alcuni politici la vorrebbero estendere anche ai cani “inselvatichiti”, modificando l’attuale normativa (281/91) che vieta la soppressione dei randagi.

La controriforma parchi. Con la benedizione del Governo, il Senato ha varato modifiche peggiorative alla legge sui parchi (394/1991), uno dei capisaldi della legislazione ambientalista del nostro Paese. Tali modifiche consentirebbero, tra l’altro, l’accesso dei cacciatori anche all’interno delle aree protette, sempre più a rischio di smembramento come avvenuto per il Parco dello Stelvio.

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