Che turista della montagna innevata vuoi essere? E’ questo il tema con il cui la rivista del Club alpino italiano Montagne360 inizia il nuovo anno. Un tema più che mai attuale, nel periodo in cui molti italiani lasciano con le loro famiglie le città dove vivono per “riversarsi” nelle località sciistiche delle nostre montagne. L’argomento trainante del numero di gennaio viene affrontato a partire dalla domanda posta dal direttore Luca Calzolari e dal “montagnologo” Roberto Mantovani sul destino dello sci alpino, ormai diventato da pratica della conoscenza a prodotto turistico.
Negli otto articoli dello speciale “Sky Spirit”, grande attenzione è dedicata allo scialpinismoin ogni sua espressione e sfaccettatura: dall’attrezzatura specifica, sempre più tecnologica e “ibrida”, all’atteggiamento di chi vi si avvicina e al suo valore avventuroso. Il lettore sale sulla macchina del tempo, con una retrospettiva culturale attraverso gli sciatori-alpinisti del passato, coloro che dettarono gli stili (da Hansen a Paulcke, da Kurz a Lunn, da Castiglioni a Borgo), esercizio necessario e sufficiente per far sopravvivere l’estetica di questa attività ad alta quota.Non manca un elogio alla lentezza, in netta contrapposizione con la frenesia del giorno d’oggi: una lentezza da riscoprire con metodi semplici, ad esempio buone letture che restituiscano allo scialpinismo il significato delle origini, ripulendolo dalle contaminazioni e dalle contraddizioni.
La rivista riflette poi sull’ipotesi olimpica, che sta creando interesse intorno a una disciplina che però rallenta dal punto di vista della partecipazione, soprattutto giovanile. Prima di arrivare al riconoscimento del CIO è auspicabile far crescere una base internazionale credibile in termini di atleti e di nazioni rappresentate, oltre a modificare i grandi appuntamenti sportivi, oggi vetrina per un business turistico e sportivo più che di promozione di questa affascinante disciplina. Nello speciale spazio inoltre allaletteratura (con il rapporto di amore reciproco tra i pionieri dello sci e i grandi scrittori del primo Novecento), allo spirito dell’esplorazione dei monti innevati (con focus su mete più lontane e meno conosciute in Grecia, Turchia, Iran, in Francia, Armenia e Kosovo), al telemark (la più antica delle tecniche sciistiche, quella a tallone libero, oggi praticata dai romantici della montagna) e a una novella-fiaba di Andrea Gobetti, che ci prende per mano per cercare insieme lo Spirito dello sci. Allo “Ski Spirit” è dedicato anche il portfolio fotografico, con le foto di Giorgio Daidola che vogliono raccontare, per immagini, l’incanto dello sci e la gioia di sciare.
La rivista riflette poi sull’ipotesi olimpica, che sta creando interesse intorno a una disciplina che però rallenta dal punto di vista della partecipazione, soprattutto giovanile. Prima di arrivare al riconoscimento del CIO è auspicabile far crescere una base internazionale credibile in termini di atleti e di nazioni rappresentate, oltre a modificare i grandi appuntamenti sportivi, oggi vetrina per un business turistico e sportivo più che di promozione di questa affascinante disciplina. Nello speciale spazio inoltre allaletteratura (con il rapporto di amore reciproco tra i pionieri dello sci e i grandi scrittori del primo Novecento), allo spirito dell’esplorazione dei monti innevati (con focus su mete più lontane e meno conosciute in Grecia, Turchia, Iran, in Francia, Armenia e Kosovo), al telemark (la più antica delle tecniche sciistiche, quella a tallone libero, oggi praticata dai romantici della montagna) e a una novella-fiaba di Andrea Gobetti, che ci prende per mano per cercare insieme lo Spirito dello sci. Allo “Ski Spirit” è dedicato anche il portfolio fotografico, con le foto di Giorgio Daidola che vogliono raccontare, per immagini, l’incanto dello sci e la gioia di sciare.
Novità di questo numero la rubrica “Sentiero Italia lavori in corso”, un filo diretto con il “cantiere” attraverso il quale il CAI, in tutte le regioni, sta recuperando e ridando vita ai percorsi che mettono da sempre in comunicazione territori, genti e comunità. Questa prima rubrica è dedicata ai protagonisti del progetto in Sardegna.
Gli altri articoli spaziano dall’alpinismo giovanile del CAI, con l’esperienza di patto educativo della Sezione di Bologna e di quella di Macerata, all’alpinismo, con una riflessione sul grado (l’unità di misura della complessità in montagna), che non deve rappresentare l’unica variabile: bisogna tenere conto anche delle difficoltà ambientali, delle condizioni della parete e dell’affaticamento soggettivo. Fino ad arrivare a una testimonianza sul Nuovo Mattino e su Gian Piero Motti, che seppe cogliere e diffondere lo spirito innovatore che era nell’aria negli anni Settanta.